Oi! Ancora Valido, con la sua miniserie in cinque numeri su “i film anni ’80 ad ambientazione rock che qualcuno si è dimenticato e che se l’ha fatto ad essere onesti il più delle volte c’è un buon motivo ma per vostra cultura e informazione ve li racconto lo stesso che non si sa mai che vi interessi perderci sopra del tempo lo stesso”.
Il film di oggi si chiama
LADIES & GENTLEMEN, THE FABULOUS STAINS (1981)

"Il mio nome è Diane - sono una cantante - bella e stravagante - ballo il rock'n'roooll..."
L&G,TFS è un Lou Adler.
Lou Adler non è esattamente un regista di professione, ma è famoso per essere stato produttore di gentucola tipo Sam Cooke, Mamas & Papas e Carole King.
E soprattutto è lo zio di Stephen Adler.
La protagonista del film è invece una 16enne Diane Lane al suo semi-esordio, che vi interpreta il ruolo di Corinne Burns, giovane orfana ribelle a capo di un trio femminile punk che più punk non si può – The Stains appunto – insieme a sua sorella alla chitarra e a una 14enne Laura Dern al basso. Niente batteria. Ve l’ho detto che erano punk.
Praticamente, senza uno straccio di provino, le Stains vengono ingaggiate come gruppo di apertura in un tour improbabile che vede come headliner una caricatura di Kiss e Iron Maiden, e come spalla – e qui tenetevi ben stretti – una punk band proletaria formata da Paul Cook, Steve Jones e Paul Simonon in persona con un giovane Ray Winstone alla voce. Sti. Grandissimi. Cazzi.
La nostra Corinne, un peperino a metà tra Siouxsie e Ari Up, al primo show sale truccata da Jem con i capelli alla mohicana e infila una figura musicalmente pietosa, ma rimedia insultando e scandalizzando il pubblico di borghesi benpensanti con verità scomode e dichiarazioni di incorruttibile autenticità. Grazie a una provvidenziale amplificazione da parte dei media, in circa 18 secondi le Stains sono la band più famosa dell’Universo con tanto di esercito di cloni al seguito. Ma ahimè, il mondo della musica è più complicato di quello che sembra, e forse siamo tutti pupazzi manovrati da quel grande burattinaio che è la società capitalista, l’integrità è un’utopia, la vita è un sogno e i sogni aiutano a vivere meglio, ecc…
Sì insomma, questo film è un po’ una cagata.
Da una parte è sicuramente avantissimo per essere appena il 1981 e raccontare di certe scene allora ben lontane dall’essere popolari, ma dall’altra lo fa con un pigrissimo pressapochismo da cartone animato che, con l’aggravante di essere stato chiaramente realizzato da gente che bazzica il settore, dà decisamente sui nervi. Perché a un certo punto non mi si può fare gli indipendenti duri con i discorsi esistenzialisti da classe operaia di Ray Winstone e il semi-nudo minorenne di Diane Lane, quando poi mi infili (un esempio a caso fra tantissimi) una scena in cui, per dipingere la patetica ottusità delle case discografiche, mi vuoi far credere che vogliono proporre come spalla delle Stains un mariachi messicano. Un mariachi messicano. Alla faccia delle sottigliezze.
Per cui insomma, sei lì che vorresti volergli bene a tutti i costi a questo benedetto film, e in tutta risposta lui per ogni carezza ti tira quattro bei pugni sul naso senza complimenti. Non ci fossero la Lane e Winstone che fanno i salti mortali per tenere su la baracca, nonché Cook, Jones e Simonon che hanno più minutaggio di quello che pensavo e lo usano quasi tutto per dire “fuckin’ wanker”, non mi sarei nemmeno disturbato a segnalarvelo.
Comunque oh, se avete una figlia/sorellina sui 10 anni, potete sperimentare e provare a fargli vedere questo al posto di Hannah Montana. Sia mai che vi cresca come una nuova Peaches.
Arretrati:
#1: LA LUCE DEL GIORNO
#2: ROADIE