I could never miss anything quite as much as that summer ending and you on the phone

Dietro ad una determinata scena musicale, che lo si voglia o no, c’è sempre stata più o meno dietro una città o comunque una zona geografica a far sfondo ad una serie comune di intenti musicalmente espressi. Washington, Seattle, eccetera. Il midwest è stato il paesaggio dell’emo, peccato che non abbia mai capito precisamente cosa fosse. Sembra quasi un modo di pensare. Io mi ci sono sempre figurato gli amish che alle cinque del pomeriggio durante l’inverno si chiudono in casa e vanno a letto perchè non hanno luce e corrente per scaldarsi e vivere civilmente. Oppure lo vedo tipo una grandissima zona piena di tante Dillon, tutte cittadine piccolo-medie con tanti difetti e quella serie di ragazzini che invece di darsi alla droga pesante o al football si mettono a suonare, ed evidentemente è così. Dietro all’emo, qualunque cosa ciò abbia mai voluto dire in tutto questo tempo, c’è sempre stato dietro quell’ “immaginario” lì. Non penso sia come la campagna romagnola dove abitano i miei nonni, però magari ci si va un po’ vicino.

Fra capre e cavoli di quanto appena detto sembra esserci una piccola comunità dietro a tutto, coadiuvato e fomentato continuamente da una manciata di etichette (mi ripeto come al solito, lo avevo già detto anche qui) che sembra essersi presa la briga di far uscire i dischi di tutti i gruppi che adesso, stando a forum e giri vari, si può cacciare nel sottoinsieme del ‘twinkle daddies’. ‘Che cazzo è?’ me lo sono chiesto anche io, nessuna preoccupazione. Il punto in comune fra tutti questi gruppi della nuova ondata emo sembrerebbe essere uno sguardo ad un certo passato, chi più su pagine cattive del libro e chi un po’ più tendente alla melodia tristona, con chitarre che suonano simili così come potevano essere simili i riff dei Germs e quelli dei Dead Kennedys. Non uguali, però ci siamo capiti.

Joie De Vivre – We’re all Better Than This

Questo disco è bellissimo quanto tristone. Ci sono i Mineral che cercano in ogni modo di farsi sentire ad ogni canzone, le trombe che scappano qua là a dare un tono all’ambiente, la tizia dei Football Etc. e quella degli Empire! Empire! che ci mettono la voce ogni tanto e il mood è quello di ‘è settembre e i trattori fanno le dune di sabbia perchè è finita la stagione estiva’ che un po’ tira giù il morale (anche un po’ tanto) – per scomodare uno stereotipo. I Was Sixteen Ten Years Ago è un manifesto di tristezza da cameretta, ma tutti i testi si fanno notare per liriche ‘importanti’ – ma proprio tutti tutti, leggere la sola linea iniziale con cui parte il disco ‘we all die alone, so why care so much about living for someone else?’ per credere e capirne il potenziale di tristezza. Da evitare in momenti no, da evitare forse per non tovarsi davanti ad uno specchio (Did you think twice? Are you going to need more? Cause I’m halfway through my twenties, and I still can’t get it. At what point does it become depressing?). Questo We’re All Better Than This arriva in un momento in cui forse avevo bisogno di una botta del genere, cosa che già era stata incanalata e l’ematoma (no, non è un gioco di parole) era già uscito grazie agli You Blew It! della puntata scorsa. I Joie De Vivre si prendono un sacco sul serio e hanno fatto un disco della madonna che dieci anni fa sarebbe stato una perla. Per chi scrive lo è lo stesso, perchè dieci anni fa non avrebbe valorizzato così tanto il ritorno dei Joie De Vivre dopo lo scioglimento dell’anno scorso.

Dads – American Radass (This Is Important)

I Dads sono due tizi con la barba di non so quale posto d’America, batteria e chitarra, birre e cover di Katy Perry, ma nessuno dei due è il bell’omino della copertina. Tipo che se i Japandroids fossero meno canadesi e più dispersi in mezzo al nulla sarebbe uscita questa cosa qua, e i Dads non sono canadesi ma cazzoni quanto i Japandroids (Love is bleaching bed sheets, because we could never wait è al pari del giro ‘french kiss some french girls’ dei primi). American Radass si presenta già dai titoli delle canzoni e dalla copertina come una roba che vuole far divertire e riesce nel suo intento alla grande. La batteria è pestata sotto ad una sola chitarra che non la smette mai di girare, i testi non dicono mai troppo e fanno ben capire le menti dietro al tutto. Ancora meglio questo lo si comprende dal video di Breakfast At Piffany’s, che è quasi il miglior video musicale di sempre (quasi perchè [spoiler] alla fine la pila di birre nessuno dei due la finisce). Tanto divertimento e altrettanto casino con una punta d’amaro.

Meraviglia – Meraviglia

Twinkle Pizza! Sotto i Meraviglia in qualche modo (di cui non voglio venire a conoscenza, dato il losco individuo) c’è di mezzo Adriano, che scriveva con me su Emotional Breakdown ma che non suona nessuno strumento. Loro sono in quattro, di cui due ragazze, e suonano un po’ alla ‘abbiamo ascoltato i Cap’n Jazz fino a stamattina’ e un po’ Boys Life con la voce scanzonata di alcune canzoni dei Promise Ring. Registrazione rozza per cinque canzoni cantate in inglese, a discapito della ragione sociale in madrelingua. Un piezz’emocore, stonato q.b.

Lo si scarica gratis qui.

2 pensieri su “I could never miss anything quite as much as that summer ending and you on the phone

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