The Passion of AWK

Andrew WK

Un post lungo. Ma anche la Bibbia è lunga.
Questo post non è lungo come la Bibbia.

Dal Vangelo secondo Valido.

LE OPERE

Andrew WK - 55 Cadillac55 Cadillac
Il prototipo del disco inutile e vigliacco.
Nel momento in cui non ti chiami Glenn Gould, e non hai nemmeno mai giocato lo stesso campionato, checcazzo me ne faccio delle tue improvvisazioni al pianoforte? Perché mi dovrebbe interessare cosa ti esce dal pianoforte al volo spontaneamente quando non so nemmeno cosa ti esce dal pianoforte quando ti dai tutto il tempo necessario per ragionare su quello che fai? È o non è una paraculata clamorosa poter dire “se vi piace sono troppo figo, se non vi piace tanto stavo solo cazzeggiando”? La buona fede di Andrew WK non si mette in discussione, ma questa roba qua l’unica cosa che dimostra è che è tecnicamente bravo e mentalmente schizzato, e i numerosi fraseggi ripetuti ad nauseam dimostrano che pure l’ispirazione tutto sommato latitava.
Solo per completisti feticisti.
Io l’ho comprato.

Andrew WK - Gundam RockGundam Rock
In Giappone sono usciti pazzi per il trentennale di Gundam, e chiunque abbia pensato di chiedere a Andrew WK di rifarne la colonna sonora in inglese è un fottutissimo genio che merita il Nobel per la genialità. Il matrimonio tra Andrew WK e il pop epico giapponese è il più indovinato della storia del mondo dopo quello tra il pomodoro e la mozzarella e tra gli skinny jeans e le Converse. È come assistere a Michael Jordan che molla la mazza da baseball e, per cambiare, prova a schiacciare un pallone a canestro. È il tipo di roba che già dal minuto 2 fa venire voglia di lanciarti dal balcone e attendere che tua madre ti lanci i componenti. Per ora, disco dell’anno: appena ho un secondo rivaluto con calma il decennio intero e lo sistemo anche lì.

IL MARTIRIO

Capitolo 1
Sabato 12 settembre, ore 12. Andrew WK, profeta dei profeti, messia dei messii (?), si presenta alla Rough Trade di Brick Lane, odierno monte Sinai, per quello che è il suo primo ufficiale in-store in terra inglese della sua carriera. È un avvenimento che rimarrà impressi nei libri di storia, nei libri di religione, e nei libri da colorare. È l’annunciata alba di una nuova era, un momento di quelli che ti cambiano la vita, un evento assolutamente imprescindibile, ma all’ultimo mi tira un po’ il culo e non ci vado.

Capitolo 2
Stesso giorno, ore 18.30. Andrew WK continua la sua maratona presentandosi per un incredibile secondo in-store a poche ore di distanza dal primo, stavolta da PureGroove. È un fatto senza precedenti. Mai essere vivente aveva osato tanto a memoria d’uomo (= la mia). È l’equivalente di finire in copertina contemporaneamente su Rumore e Rockerilla.
Stavolta ci sono e sono in prima fila. Non so cosa aspettarmi.
Andy arriva e parte con improvvisazioni al piano simili a quelle presenti in 55 Cadillac, che è appunto l’album che sta promuovendo. Ma subito qualcosa cambia. Andy improvvisa anche un cantato, con testi demenziali, e a differenza delle pallose note ripetitive del disco si lancia in assoli swing, virtuosismi groove, power ballads surreali, e presto lo show diventa qualcosa di extra-musicale e puramente fisico, con gag slapstick alla Jerry Lewis. È una roba assolutamente schizzata e dai ritmi elevatissimi. Pare un incrocio live tra Shine e Crank 2. I venti minuti di spettacolo volano come se fossero due e mezzo.

Andrew WKCapitolo 3
Lunedì 14 settembre, ore 21.30. Siamo al King’s College, per lo show regolare vero e proprio.
Il dj in apertura infila una scaletta talmente clamorosa che ve la devo elencare tutta: You’re the Best – Joe “Bean” Esposito (da Karate Kid), Since You’ve Been Gone – Rainbow, Any Way You Want It – Journey, Eye of the Tiger – Survivor, Poison – Alice Cooper, Rollin’ – Limp Bizkit (che a quel punto vi giuro che ci stava anche).
Poi entra lui. Andrew WK. Il Salvatore. Il Re dei Re. Il Newyorcheno (non so se questa si capisce… invece che il Nazareno… no? fa lo stesso).
Ogni mistero sul tipo di show che intende propinarci viene immediatamente spazzato via. Parte Ready to Die, Andy procede ad aizzare la folla come solo lui sa fare, e scatena il pandemonio. È una cosa assolutamente furibonda. Ci saranno 500 persone, ma in prima fila mi sento schiacciato come se fossero 50.000. È la solita storia: parte con l’intensità con cui molti sognano soltanto di poter finire, e prosegue in crescendo. Non è neanche più un concerto: Andy si sgola e cede il microfono a chiunque tiri fuori la faccia tosta per prenderlo, la gente si sente sempre più incoraggiata a fare qualsiasi cosa gli passi per la testa (volano scarpe, per dire), e la faccenda diventa un misto tra gli animatori alle giostre e i motivatori ai meeting di Herbalife. È la stessa magia occulta che mi ha ipnotizzato e convinto a comprare 55 Cadillac – non ero cosciente di quello che facevo, so solo che la mattina dopo mi sono svegliato con una copia sul cuscino…

Ma a metà show, la svolta: scatta l’ormai inevitabile invasione massiccia di palco, e dopo un paio di minuti di caos Andy riemerge improvvisamente col grugno insanguinato: gli hanno spaccato il naso! Per davvero! Sul serio! Non ci posso credere: sto assistendo alla copertina di I Get Wet in diretta!!!
Andy barcolla per un buon 5 minuti, mentre le gocce di sangue vero gli imbrattano la sua caratteristica maglietta bianca su cui sono disegnate chiazze di sangue finte. Gli fanno spazio e, dopo un paio di passi di danza di puro nervoso, scende dal palco. Il concerto è platealmente finito, o almeno così sembra.
E invece AWK torna su, tra il delirio della folla. Non si è nemmeno pulito. Attacca I Love NYC e la festa ricomincia.
Ma a metà pezzo si ferma di nuovo.
Si caccia due dita in gola.
E straccia sul palco.
È un misto di alcol, budella e sangue.
È un momento sacro.
Prendete e godetene tutti: questo è il mio vomito, offerto in sacrificio per voi.
È la cosa più mondiale che io abbia mai visto.
Andy muore di nuovo giù dal palco, ma ancora una volta la resurrezione e’ rapida.
Quando torna, è il turno di Party Hard. I dieci comandamenti. L’unico comandamento.
Parte la base, l’entusiasmo è incontenibile e c’è di nuovo un’invasione di palco, in cui stavolta ci rimette l’impianto audio. Salta tutto tranne la tastiera, ma questo non frena nessuno: tutti cantano in coro, come se nulla fosse, e nessuno si interessa ai tecnici che tentano di riparare il danno. Anche i tecnici, vista l’atmosfera, si disinteressano dopo mezzo tentativo abbozzato. E nel disinteresse generale, il guasto viene riparato giusto per gli ultimi secondi.
E allora Andy tenta l’ultimo miracolo.
Parte con il conto alla rovescia.
Parte da CENTO.
Passa il microfono in giro, e ognuno a turno scandisce il numero che gli spetta.
L’intensità non cala di un solo [in cosa cazzo si misura l’intensità???] centesimo di puffo.
Allo zero non solo mi confondo e credo di essere nel futuro, ma parte la title track di I Get Wet, ed è il massacro finale. La gente sale sul palco, si scatta una foto con Andrew e poi si tuffa indietro. Andrew posa con tutti quanti senza battere ciglio.
E stavolta è davvero l’ultimo pezzo. Ma la gente non lo accetta.
Non credete al fatto che qualcuno possa far partire un conto alla rovescia da cento senza risultare noioso e, anzi, guadagnando in coinvolgimento? E come reagite allora se vi dico che, con Andrew definitivamente giù dal palco, la gente è spontaneamente ripartita con il conto alla rovescia da cento, arrivando di nuovo fino in fondo senza cedimenti?
Stavolta allo zero parte il deejay con Don’t Stop Believin’. Metà della gente rimane e se la canta tutta lo stesso prendendola come un accettabile piano B. Gli altri si riversano in strada a urlare “I Love New York City” anche se siamo a Londra.
La messa è finita.
Festeggiate in pace.

APPENDICE
Sabato 26 settembre. Assisto a un concerto di Justice Yeldham, un tizio che suona una lastra di vetro amplificata finché non gli esplode in faccia. E va beh.

6 pensieri su “The Passion of AWK

  1. Semplicemente il post più bello che io abbia mai letto.
    Grazie.
    Da oggi siete tra i miei link.
    No, niente “esticazzi?” please.

  2. Pingback: Manq » Scrivere di musica: una chiacchierata con FF

Lascia un commento